Tutti abbiamo googlato i sintomi almeno una volta nella vita. Ti capita quando cerchi su google di riconoscerti esattamente in un disturbo? Oppure mentre stai scrollando sui social ritrovarti in un video che parla di qualche disturbo psicologico? Ecco, non sei da solo. Con la diffusione dei social, si sta alimentando sempre di più il problema dell’autodiagnosi, specialmente in ambito psicologico. Se hai guardato qualche mio video avrai notato che sottolineo (...a volte fino alla nausea) che è bene non cadere nella trappola dell’autodiagnosi. Che cosa significa autodiagnosi? Significa letteralmente andare a cercare una conferma del tuo benessere o malessere, in questo caso mentale, da solo, utilizzando risorse online, pagine social, libri, video YouTube, test e quiz online, acquistando guide, corsi, newsletter, chiedendo all’intelligenza artificiale…insomma qualsiasi cosa, pur di non chiedere aiuto ad un professionista del settore.
Viviamo in un’epoca dove abbiamo qualsiasi informazione a portata di mano e la figata, ma che poi diventa un’arma a doppio taglio e spiego dopo il perché, è che possiamo ottenere praticamente tutto subito. Personalmente, sono estremamente grata della divulgazione scientifica e della possibilità di avere accesso a informazioni utili e che permettono di fare prevenzione. Ci tengo a puntualizzare questa cosa perché non voglio che passi l’idea con questo articolo che tutto quello che viene condiviso online è sbagliato, inutile e dannoso. Ci sono colleghi, e anche professionisti in altri settori più vicini o distanti dal mio, che fanno un lavoro meraviglioso e che ringrazio perché mi si aprono spesso nuovi mondi e consapevolezze. E io stessa, con il mio lavoro di divulgazione qui o sui social, ci tengo a fare un lavoro professionale ed etico. Di recente mi sono posta infatti questo dubbio: ma quando la divulgazione è costruttiva e quando diventa uno strumento dannoso? Leggendo i vostri commenti e anche ascoltando le persone nelle mie consulenze, mi sto accorgendo sempre di più che le persone sono più consapevoli, ed è una cosa bellissima, ma arrivano già diagnosticate da se stesse, appiccicate all’etichetta e al pregiudizio che si sono costruite navigando online. E lo stesso fanno con le altre persone. Autodiagnosticano disturbi ai figli, a genitori, amici, compagni di vita.
“Ho visto un reel sull’ ADHD e sono certamente io, mi riconosco in tutte le descrizioni”, “Ho visto un video YouTube sulla depressione e ho tutti i sintomi, sono depresso”, “il mio compagno ha un attaccamento evitante e io sono ansiosa ambivalente, l’ho visto su un social, dobbiamo lasciarci perché la nostra è una relazione tossica”, “Dottoressa ho letto su Internet i criteri e penso che mia mamma sia narcisista patologica”, “Ho provato la tecnica xyz che ho visto su un social per eliminare l’ansia, ma non funziona, non c’è una cura per me”. Potrei andare avanti parecchio tempo, ma queste sono solo alcune frasi comuni che sento e leggo purtroppo sempre più spesso.
Molte persone non vedono il problema dell’autodiagnosi perché lo vedono come una forma di curiosità e maggiore conoscenza di sé. E credo stia un po’ qui il confine tra costruttivo e distruttivo. Un conto è usare le informazioni per approfondire, farsi domande, crescere, utilizzare l’informazione come spinta a chiedere aiuto, un conto è prendere ciò che si legge online come sentenza o verità assoluta. Riconoscere qualche sintomo non significa avere un disturbo, lo sottolineo sempre nei miei video e in consulenza. E un disturbo non determina l’identità di una persona.
Noto spessissimo la tendenza a usare i contenuti come prova dell’essere giusti o sbagliati, buoni o cattivi, funzionanti o rotti, sani o malati. Ma trovo questo approccio molto svalutante.
Come dicevo poco fa, un sintomo non genera automaticamente un disturbo perché ci sono tantissime variabili in gioco. Una persona magari si convince di avere la depressione perché è un po’ di giorni che è stanco e non ha voglia di fare granché, ma magari quei sintomi sono solo indice di stress, di un altro disturbo psicologico o di una patologia medica o magari è semplicemente stanca e non ha voglia di far niente come è anche normale che sia in alcuni momenti di vita. I contenuti online, magari quelli veloci di pochi secondi o minuti non prendono in considerazione tutta la tua storia personale. Un professionista sanitario, e in particolare uno psicoterapeuta quando si parla di salute mentale, sì che valuta i vari aspetti, è formato per fare questa roba qui. Quando le persone fanno autodiagnosi psicologica possono entrare in un circolo vizioso distruttivo. Vedono solo l’etichetta, la diagnosi e cominciano a comportarsi o a notare aspetti che confermano quell’etichetta. Noi esseri umani siamo facilmente suggestionabili e gli esperti di marketing lo sanno molto bene.
Un ulteriore problema che potrebbe generarsi è che non solo ci si autodiagnostica, ma ci si autocura. Anche qui apro una parentesi: non è che dobbiamo andare tutti in terapia per forza per tutta la vita. L’autoaiuto è una forma di cura di sé che trovo potentissima. Io stessa, man mano che si avvicina la fine di un percorso di terapia, invito la persona a diventare “terapeuta di sé stesso” proprio per favorire l’autonomia. L’auto aiuto si poggia però su una base sicura. dovrebbe basarsi su una comprensione scientificamente valida del problema e soprattutto dovrebbe prevedere l’uso di strategie scientificamente validate e adatte a te. Quindi un test online che ti hanno inviato in una newsletter, non sostituisce una valutazione psicodiagnostica fatta da uno psicologo; una meditazione su YouTube, magari che hai anche trovato sul mio canale, non sostituisce una seduta con uno psicoterapeuta; sapere a menadito i sintomi dell’ansia non ti darà una comprensione del perché tu hai l’ansia in questo momento della tua vita e cosa vuol dire l’ansia per te, essere unico e con una storia irripetibile.
L’autodiagnosi quindi potrebbe anche farti perdere tempo perché maleinterpreti il malessere che stai vivendo o lo capisci parzialmente e magari, basandoti su quanto hai letto o sentito online, provi a usare tecniche su tecniche che nella migliore delle ipotesi ti danno un pochino di beneficio, ma temporaneo, nelle peggiori ipotesi, cronicizzano il problema.
Lo dico sempre nei miei video, non esistono tecniche miracolose, ci sono senz’altro procedure più valide di altre, ma non esistono strumenti che vanno bene per tutti allo stesso modo. La vera capacità del terapeuta sta infatti nell’adattare il trattamento in funzione del paziente. Infine, altro grosso problema dell’auto diagnosi e dell’auto cura non basata su una valutazione psicologica, è che le autodiagnosi si basano su stereotipi, su luoghi comuni. “Se hai avuto genitori emotivamente immaturi allora ti sarai emotivamente immaturo”, “Se hai subito violenza, sarai violento”, “Se tuo nonno aveva la depressione, anche tu avrai la depressione”...Sì, è probabile, ma sono tutti stereotipi, a volte anche un pò psicologia da bar che incuriosisce, intrattiene, ma poi di base ci si fa poco. Perché è possibile che invece nonostante la base di partenza un po’ scricchiolante, hai anche delle risorse e degli eventi nella tua vita hanno portato ad uno sviluppo differente. Gli stereotipi chiudono la visuale, e purtroppo in queste situazioni possono rendere la persona ancora più vulnerabile e a volte si possono sviluppare vissuti di mancanza di speranza.
Quindi, dopo tutta sto spiegone, se si ha un dubbio rispetto alla propria salute mentale, anche dopo aver visto un contenuto online, ti invito a parlarne con un medico, uno psichiatra, uno psicologo o uno psicoterapeuta.
“E ma quanti professionisti, costa troppo, ci vuole troppo tempo ecc”.
Prima di tutto, indipendentemente da chi scegli, i professionisti che ti citavo sono tutti professionisti sanitari adatti ad aiutarti, eventualmente sarà il professionista che hai scelto a dirti se è la persona giusta per la tua situazione o ti indirizzerà verso qualcuno di più adatto. Non esiste poi solo la terapia privata, ma consultori, CSM o CPS della tua zona, reparti di psicologia dell’ospedale ad esempio sono tutti servizi che possono aiutarti a prezzi accessibili o a volte anche gratuitamente. Il fatto che ci voglia più tempo, potrebbe essere vero, ma non vuol dire che sarà per forza una perdita di tempo. Avere cura di sé, nella società del tutto subito e veloce, sembra la cosa più lenta e noiosa che c’è. Ma in realtà è vero atto di rivoluzione, un’assunzione di responsabilità, perché ti riappropri di te, conosci chi sei, ti orienti verso ciò che davvero vuoi e non lasci che sia l’esterno ad etichettarti o a dirti cosa fare. Uno dei regali migliori che possiamo farci infatti è darsi il tempo e le cure di cui abbiamo bisogno.
Bibliografia:
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“I Haven’t Been Diagnosed, but I Should Be”—Insight Into Self-diagnoses of Common Mental Health Disorders: Cross-sectional Study
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# 4. Farnood, Annabel (2021) The effects of online self-diagnosis and health information seeking on the patient-healthcare professional relationship. PhD thesis, University of Glasgow.
Sono Elisa Brucoli, psicologa e psicoterapeuta.
Aiuto le persone a migliorare le loro abitudini e le loro relazioni, sostenendole nel trovare strategie efficaci per potenziare il benessere e gestire l'ansia e lo stress. Su questo sito puoi trovare risorse, spunti di riflessione, esercizi di rilassamento e informazioni completamente gratuite per favorire la tua crescita personale e la conoscenza di te stesso.
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